di Tina Fancy
“So che ci sei… non mi sfugge niente di te, signorina Bedford…”
Alice teneva ancora tra le mani il nuovo, ennesimo tentativo di quel viscido individuo di mettersi in contatto con lei. Se le volte precedenti la sua reazione era stata di indifferenza o di profonda tristezza, tanto che uno degli ultimi bigliettini ricevuti era finito nel cestino zuppo per le lacrime che vi aveva versato sopra, questa volta era un sentimento di rabbia a farsi strada in lei, rendendole difficile persino respirare. “Ti odio, brutto bastardo! Non ce la faccio più!” gridò nell’ingresso del suo modesto appartamento, stritolando quel pezzo di carta con così tanta violenza da renderlo una striscia consunta e illeggibile. “Ho bisogno di qualcosa di forte!” si disse poi, avviandosi in cucina per versarsi un bicchierino di quel rum Gran Riserva che il padre le aveva regalato per Natale.

“Conosco i tuoi gusti, bimba mia!” le aveva sussurrato con fare cospiratorio per non farsi sentire dalla moglie che, al contrario di lui, non approvava nella figlia degli usi così maschili. Come non aveva approvato la scelta di Alice di diventare una giornalista d’assalto, sempre implicata in nuovi casi di cronaca nera a fianco di detective dalla dubbia moralità, secondo il parere della madre, e soprattutto alla potenziale mercé di criminali senza scrupoli. Se avesse saputo di quei messaggi inquietanti avrebbe dato di matto e le avrebbe intimato di ritrasferirsi da loro senza possibilità di replica…
Era cominciato tutto un paio di mesi prima. Stava rientrando dopo una giornata sfiancante. La mattina aveva sopportato con una pazienza infinita l’ennesima sfuriata del suo capo, che le aveva rinfacciato di dover muovere il sedere più spesso per ottenere di assistere alle fasi più interessanti delle indagini. Il riferimento alla sua parte anatomica posteriore le aveva fatto salire il sangue al cervello per due motivi: primo perché lui sapeva quanto lei che in certi momenti e con certi individui non si poteva proprio restare sulla scena del crimine, né ottenere informazioni importanti; secondo perché in passato Bart, il suo capo, le aveva fatto capire chiaramente che avrebbe potuto sfruttare in maniera più proficua le doti che madre natura le aveva concesso per ottenere favori in tutti i modi possibili… le aveva praticamente consigliato di prostituirsi o, comunque, di dare l’idea di starci, pur di garantirsi e di garantire a lui un’esclusiva! Lei aveva risposto tirandogli una sberla in faccia, aggredendolo a parole e minacciandolo di denuncia se avesse anche solo osato tornare sul discorso. Lui, col suo fare da uomo che ne aveva viste tante, aveva riso di lei e si era riaccomodato sulla sedia, accendendosi un sigaro. Il discorso era stato archiviato e mai ripreso, segno che in fondo anche lui aveva capito di aver esagerato. Tuttavia, bastava un niente per riportare alla mente di Alice lo schifo provato quel giorno, perciò all’idea di muovere il sedere aveva sarcasticamente risposto “E in che modo dovrei muoverlo, Bart? Su e giù o verso la scena del crimine?!” L’uomo aveva riso di lei, come sempre, come d’abitudine, e aveva addolcito i toni, arrivando a spiegarsi meglio. In fondo entrambi sapevano che lei, per lui, era come una figlia. L’aveva formata, le aveva insegnato tutto ciò che sapeva… però c’erano dei limiti che non andavano superati.
Nel pomeriggio aveva torchiato uno degli agenti di guardia alla villa in cui era avvenuto l’omicidio su cui doveva scrivere, riuscendo a portare a casa poche informazioni e un gran mal di testa... mai forte quanto quello che le sarebbe venuto di lì a poche ore dopo aver aperto la porta d’ingresso del suo appartamento. Non aveva visto l’ora di spogliarsi e di buttarsi sotto il getto caldo della doccia, quella sera... eppure, una volta infilata la chiave nella serratura, aveva percepito qualcosa di strano… una sensazione sgradevole che da quel momento non l’aveva più abbandonata. Aveva ancora in mano la posta recuperata dalla buchetta giù all’ingresso del palazzo. Aveva appoggiato le buste sul tavolino accanto alla porta, si era tolta il cappotto e la sciarpa. Aveva poi recuperato nuovamente la posta e si era buttata sul divano, sprofondando tra i cuscini in una sensazione di immediato benessere. “Una bolletta… un invito a un seminario… una pubblicità su una nuova setta religiosa…” aveva commentato Alice tra sé sfogliando la posta, quando si era ritrovata sottomano un bigliettino ripiegato semplicemente su se stesso. Lo aveva aperto, spinta dalla curiosità, e ciò che vi aveva letto l’aveva lasciata sbigottita:
“Toc toc… tu non mi conosci, signorina Bedford… ma io so tutto di te…”
Quella spiacevole sensazione, dapprima solo intuita, era tornata a farsi sentire prepotente, seguita da uno strano brivido di paura che le aveva attraversato la schiena, spingendola a infossarsi ancora di più tra i cuscini alla ricerca di conforto.